09 giugno 2006

LA GRANDE FUGA DEI CAPORALI

Allora aveva proprio ragione il principe De Curtis quando sosteneva che le persone si dividono in due categoria: quella appunto degli (comprensiva degli attributi ), e quell’altra meno nobile dei , convinti di aver sempre ragione a causa di quelle mostrine esibite sulla manica dell’uniforme. Da una parte chi è costretto a subire, pur possedendo valori e dignità da vendere e , dall’altra, chi pretende di dettare le regole del gioco senza averne il diritto. Quest'ultimi sono gli in senso lato, coloro che pretendono di poter dare lezioni di comportamento all’universo mondo e invece dovrebbero starsene seduti tra i banchi e imparare dagli altri , dagli veri, come si vive su questa faccia della terra. Di in questi giorni di passione juventina ne ho visti tanti, addirittura troppi. E, mi dispiace dirlo, molti annidati proprio tra le nostre file. Non mi sto riferendo a noi tifosi, troppo impegnati a recitare ogni giorno rosari collettivi nella speranza che il Dio Pallone ci ascolti e limiti i danni al nostro club (resto convinto sulla permanenza in serie A ma con 15/20 punti di penalizzazione). Una società, la nostra, colpevole di non essersi accorta in tempo in quale baratro la stava trascinando una dirigenza accecata dal business e da una insana follia capace di farla sentire onnipotente e ,come tale, immune da qualsiasi pericolo. Compreso quello giudiziario. sono sicuramente i tanti miei colleghi che hanno scambiato il lavoro del giornalista con quello del giudice, e in questo loro delirio si sentono in dovere di sparare sentenze su tutto e tutti, in particolare contro quelli che gli sono stati sempre antipatici ma davanti ai quali, fin quando gli è stato necessario, si inchinavano devoti per riscuotere notizie insieme, magari, a qualche favore.Ma si stanno dimostrando pure il nostro (penso ormai ex) allenatore e un numero, purtroppo abbastanza nutrito, di giocatori. Passi per Fabio Capello, nei confronti del quali tutti noi abbiamo mantenuto in questi ultimi 2 anni una costante diffidenza, compreso nel momento della vittoria, figuriamoci ora che sta svelando la propria vera maschera: quella di un uomo interessato solo ed esclusivamente alla propria immagine e al proprio profitto, indifferente a tutto ciò che abbia a che fare con fedeltà e (parolona) sentimenti. Lui non va dove lo porta il cuore ma il portafoglio, unico e principale discriminante della propria vita. Per molti tutto ciò si chiama o , io la chiamo semplicemente , o se preferite . Più che un uomo, Capello assomiglia a un robot, con un chip al posto del cuore e una calcolatrice al posto del cervello. Per uno come lui allenare in serie cadetta è come una macchia di sugo sul curriculum, gli rovinerebbe il look. Quindi, niente da fare, niente B nemmeno con la Juve. A meno che non ci sia nulla di meglio, e quindi prima di pronunciare un categorico e perentorio il bisiaco ha preso tempo, quello necessario per valutare le alternative,Da uno che non solo ha allenato la Juve ma ci ha pure giocato per sei stagioni mi sarei aspettato almeno un piccolo gesto di gratitudine, quel un minimo di tatto nei confronti di un club così prestigioso nel momento più difficile della propria storia centenaria. Zero di tutto questo. Le belle parole pronunciate a Bari, dopo la conquista di uno scudetto che non sappiamo ancora se verrà inserito nell’albo d’oro, sono state tracimate da tutto ciò che è venuto dopo e che hanno mortificato un rapporto già non idilliaco. Coi tifosi ma anche con gli stessi giocatori, a cominciare da Del Piero che non l’ha mai digerito. Rispetto Capello come allenatore, non riesco a fare altrettanto con l’uomo. La fama conquistata col proprio lavoro (per quanto mi riguarda pure discutibile, considerati i miseri risultati ottenuti in Europa con la Juventus e tutte le squadre allenate in precedenza) non può far venir meno il bon ton . Sarà pure il miglior tecnico su piazza ma il rispetto verso chi gli versa sul proprio conto corrente 3,5 milioni di euro l’anno non puoi non avercelo, che il datore di lavoro si chiami Agnelli o Chirico. Del resto, non ne aveva avuto nemmeno per la famiglia Sensi (quelli a cui assicurò che alla Juve non sarebbe mai andato) e questo è sufficiente, secondo me, a dare la cifra di quale persona sia il Capello. E , con tutto il rispetto, a me – e , credo , a molti juventini (non tutti, perché qualche sostenitore ce l’ ha pure lui)– tutto ciò non piace. Per non dire che mi infastidisce assai. Quindi, arrivederci e grazie.E passiamo ai giocatori, quelli troppo abituati agli Osanna e troppo poco alle critiche. Al momento non sappiamo ancora in quale categoria giocheremo il prossimo anno, ma è bastato far circolare su giornali e tv la letterina B per renderci conto da chi fosse popolato lo spogliatoio bianconero. I re Mida sono nudi e non è certo un bel vedere, a giudicare dalle loro reazioni appena hanno annusato soltanto l’odore della serie cadetta. In troppi più che preoccuparsi su che fine farà la loro squadra (quella che fino a ieri li ha strapagati e resi famosi in tutti e 5 i continenti), si sono interessati al proprio di futuro, sguinzagliando quelle faine dei propri procuratori affinché gli reperissero al più presto una boa, ma che dico uno yacht superlusso su cui imbarcarsi non appena il transatlantico bianconero affonderà del tutto. Che tristezza! Soprattutto se vado a rileggere le frasi con le quali molti di loro si sono fatti immortalare sull’ultimo calendario ufficiale 2006.Emerson: Zambrotta: Vieira: Ibrahimovic: Thuram: .Trezeguet: Pavel Nedved: <> Perchè queste stesse frasi non gliele abbiamo sentite pronunciare ora? Adesso che diventa essenziale fare la conta di chi è disposto a sposare la causa, qualunque essa sia. Ma che non sembra affatto combaciare coi propositi dei nostri (ma lo saranno per davvero?), più propensi a prendere le distanze da un eventuale fallimento piuttosto che condividerne fino in fondo il destino. Nella buona come nella cattiva sorte. Non fosse altro per dimostrare ,in particolar modo a quanti adesso gettano fango sui nostri trofei, che gli scudetti conquistati sul campo sono stati il frutto dell’impegno, della fatica e – diciamolo – della superiorità di chi li ha vinti. Ma a quanto pare a gran parte dei nostri finti super-eroi interessa poco difendere coi fatti, e non solo a parole, il risultato di 2 anni di duro lavoro. Perché non basta pronunciare dichiarazioni-fotocopia, ogni volta che transita sotto il loro naso un microfono o un taccuino, , è necessario dimostrare con atti tangibili che si è disposti a difendere questa certezza fino in fondo, anche se costa qualche sacrificio. Ci vogliono punire spedendoci a calci in serie B? Ok, ci scendiamo, strapazziamo tutti, risaliamo in A e ve la facciamo vedere noi che i più forti, i campioni dell’Italia siamo sempre e solo noi, per quanto vi impegnate a demolirci. Questo avrebbero dovuto dire e fare i nostri se fossero stati degli uomini veri e non dei , pure loro. Perché non si è solo professionisti nella scelta dell’ingaggio migliore ma anche quando bisogna difendere i risultati ottenuti col proprio lavoro. Con onestà e dedizione.

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